Parrocchia e missione

Di : | Il : 26-10-2013

Il Papa non si stanca mai di ricordarci che la Chiesa è missionaria, che deve andare nelle “periferie”; il nostro Vescovo ci propone un piano pastorale molto bello, incentrato sulla missione; la giornata missionaria mondiale ci provoca a riflettere su questo tema. Quante volte ho sentito, in tante riunioni, discutere sulla “missione” e quante volte ne ho parlato, soprattutto nella prospettiva di una strategia efficace di evangelizzazione nelle nostre Parrocchie. Forse sarò un po’ semplicista, ma a me sembra che un parroco abbia a disposizione uno strumento antico e fenomenale per fare una prima evangelizzazione: la benedizione annuale delle famiglie. Che, detta così, è riduttiva. Infatti da 25 anni a questa parte non benedico solo le famiglie, ma anche le persone che vivono sole. E poi tanti luoghi, frequentati dalle persone più svariate: fabbriche, negozi, uffici, bar e ristoranti (e in qualche caso, su richiesta degli impiegati, anche uffici pubblici).

Posso davvero dire che ogni anno, per cinque settimane e anche più, mi sento autenticamente missionario: incontro persone di religioni diverse, agnostici e atei. E pochissimi non accettano almeno un breve colloquio cordiale e spesso profondo. Mi vien da pensare che, in fondo, la stessa presenza di un prete, accompagnato dai chierichetti e dalle ministranti, che suona alla porta è già missione, è già possibilità di incontro con la Chiesa ministeriale, fatta di preti e di laici, di adulti e di bambini, di maschi e di femmine. Una Chiesa disposta a fare anche sacrifici per incontrare le persone là dove vivono e lavorano, perché si va a benedire con la pioggia e con la neve, con il freddo e con il buio (nella nostra Parrocchia la benedizione si fa in Quaresima, fino alle 19.30 e oltre), ma che si presenta con l’allegria contagiosa che solo i bambini e i ragazzi sanno avere anche nelle situazioni climatiche più difficili. Non è già, questo, un bellissimo annuncio? Mi rattrista vedere che in tante Parrocchie la Benedizione non si fa più! Rinunciare ad un incontro così dovrebbe avere come unica giustificazione una seria malattia del Parroco perché altrimenti… Poi magari ci si lamenta perché non si conoscono i propri parrocchiani (e, ovviamente, è colpa loro, che hanno l’impudenza di non precipitarsi ad ogni convocazione).

Io credo che un prete che non va a “benedire” chi vive nella “sua” parrocchia non debba neanche pronunciare la parola “missione”, perché ne rifiuta la bellezza, la fatica e le difficoltà. Sì, è bello, ma anche faticoso e difficile incontrare tutti, dall’immigrato che non sa l’italiano e vive in una casa fatiscente al ragazzotto che sta sorseggiando la birra al bar e ti fa un sorrisino ironico, dal musulmano che ti invita a cena con la sua famiglia a quello che dice di non volere la benedizione ma ti dà un’offerta di venti euro “perché so che voi aiutate anche tanti musulmani”, dalla signora indù che ti mostra orgogliosa l’altare con le statue delle sue Divinità (tra le quali fa bella mostra di sé anche una statua della Madonna!) ai Testimoni di Geova che ti ricordano che non bisogna essere idolatri… Se non è missione questa, quale missione vogliamo realizzare nella nostra città? Come possiamo incontrare così tante persone? Come possiamo trasmettere l’idea di una Chiesa che benedice e non maledice? Di una Chiesa che vuole incontrare imparando, anziché giudicando? Di una chiesa giovane e sorridente, anziché vecchia e sempre corrucciata?  

comment closed