Alto clero e basso clero

Posted by : | On : 27-09-2014 | Comments (0)
Alle elementari avevo equivocato clamorosamente, allorché studiammo la rivoluzione francese, l’espressione “basso clero e alto clero”. Povero bambino ignorante e ingenuo, pensavo si trattasse di un problema di statura: preti bassi e preti alti. Poi, grazie a Dio, arrivò la spiegazione della maestra e compresi che il basso clero era costituito da preti poveri, senza ruoli importanti, presenti soprattutto nelle campagne, mentre l’alto clero era costituito da quel formidabile apparato ecclesiastico che si fregia di titoli e di potere entrando in relazione, spesso adulterina, con quella “mondanità” ancora oggi stigmatizzata anche da Papa Francesco. La spiegazione della maestra mi è venuta in mente sabato 20 settembre, durante la beatificazione di madre Giovannina Franchi, gigante della carità e autentico motivo di giusto orgoglio per la nostra Comunità cristiana oltre che grande esempio da imitare. L’omelia un po’ soporifera mi ha spinto ad osservare il contorno e ho notato che la nostra Cattedrale sembra fatta apposta per sottolineare la presenza dell’alto e del basso clero. Ovviamente, la Cattedrale non c’entra nulla, poverina. Non è colpa sua se ha, giustamente, il presbiterio rialzato rispetto al resto. E tuttavia questo particolare fornisce l’occasione a chi di dovere di sfoggiare una certa idea di Chiesa e di clero. Un’idea molto rinascimentale, che prevede i dignitari di corte, i nobili, quelli con i titoli e i ruoli importanti dislocati in alto...

Sprechi

Posted by : | On : 20-09-2014 | Comments (0)
Si parla spesso di sprechi in termini materiali. Soprattutto quando si è di fronte ai soldi gettati al vento per iniziative inconcludenti o assurde o pensate male e gestite peggio. Ne sappiamo qualcosa a Como con la telenovela delle paratie e poi quella della Ticosa… Ma, purtroppo, da questo punto di vista tutto il mondo è paese. Si riflette meno, invece, sullo spreco di tempo e di energie, non necessariamente correlato a quello dei soldi. Mi fa venire questo pensiero il fatto che per diversi giorni (al momento in cui scrivo la situazione non è ancora sbloccata) il nostro Parlamento si è impegnato (???) allo spasimo per nominare due membri della Consulta e tre del Consiglio Superiore della Magistratura. Gli ultimi tre sono stati effettivamente nominati, pur con risultati esilaranti: infatti Teresa Bene (PD) è solo docente associato, mentre per la carica è richiesto di essere docente ordinario e Luigi Vitali (Forza Italia) è imputato in due processi per abuso d’ufficio e per falso ideologico (a tutti è sfuggita la microscopica incongruenza che un imputato governi i giudici che dovranno esprimere un verdetto su di lui, ma cosa volete che sia…). Visti i problemi dell’Italia, mi sembra ovvio che il Parlamento stia dando fondo alle sue residue energie per superare lo stallo in cui si trova per nominare alla Consulta Luciano Violante e Donato Bruno. Tanto abbiamo ben 1000 (mille) giorni davanti per rivoluzionare il nostro Paese e in 1000 (mille) giorni se ne fanno di...

Quale morte?

Posted by : | On : 13-09-2014 | Comments (0)
L’uccisione efferata delle tre suore saveriane in Burundi ci spinge a riflettere sul senso della vita e su quel compimento della vita che è la morte. Una prima domanda: quali sono gli ideali a cui ispiriamo la nostra vita? Per capirlo non possiamo fermarci alle belle parole: “agere sequitur esse”, dicevano i Latini. L’agire segue l’essere e allora se vogliamo capire veramente chi siamo dobbiamo guardare ai nostri comportamenti. Certo, si può sempre fingere, ma non si riesce a farlo per tutta una vita. Se i nostri ideali sono alti riusciremo, pur nella debolezza tipicamente umana, a realizzarli almeno in parte e riusciremo a dare un’impronta di bene al mondo. E non è nemmeno strettamente necessario essere cristiani per avere grandi ideali e far del bene. Quante persone, magari anche non credenti, possono darci dei punti quando si tratta di generosità, di solidarietà, di faticoso impegno per gli altri. Impostare la propria vita spendendosi per Dio e per gli altri era quello che hanno fatto le tre suore uccise. E qui mi viene in mente la seconda domanda: a quale morte aspiriamo come degno coronamento della nostra vita? Tempo fa ho letto un romanzo che parlava di una clinica svizzera dove alle varie persone veniva organizzata la morte che preferivano e così c’era chi decideva di morire come un imperatore romano, chi in mezzo ad un’aiuola fiorita… E noi? Quale morte sogniamo? Oppure questo aspetto, anche solo per scaramanzia, non lo prendiamo in considerazione?...

Fatti e parole

Posted by : | On : 06-09-2014 | Comments (0)
Siamo circondati da parolai. Parole, parole, soltanto parole…viene quasi in mente la canzone di Mina. Maestri nell’arte delle parole vuote sono i nostri politici: sparare un annuncio mirabolante dietro l’altro, nascondere la realtà, ritenere il cittadino un povero idiota che può bersi qualunque intruglio purché presentato con sguardo ammiccante e sorriso di circostanza sembrano essere le caratteristiche di un gruppo di detentori del potere i quali hanno come unico scopo quello di conservare il proprio potere. E noi, discepoli di Gesù? Siamo sicuri di non far parte della schiera dei parolai? Non sarà per caso che anche noi siamo parte della folta schiera di chi sostiene a gran voce le pubbliche virtù pur praticando senza ritegno i vizi privati? Il Vangelo parla chiaro: “Non chiunque mi dice “Signore, Signore entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio…”. Gesù non usa mezzi termini. Riempirci la bocca di belle parole e la testa di grandi ideali serve a ben poco se poi non facciamo nulla per mettere in pratica ciò che diciamo di pensare. E qui torniamo a un discorso ovvio eppure così difficile: il valore dell’esempio. Non si possono chiedere sacrifici agli altri quando chi li chiede non ne fa mai. Non si può chiedere di vivere determinati valori se non ci si sforza di praticarli in prima persona. “Non amiamo con la lingua, ma con i fatti e nella verità”: è l’invito perentorio della prima lettera di san Giovanni apostolo. Il...

Conflitti e unità

Posted by : | On : 30-08-2014 | Comments (0)
Come anticipato, mi rifaccio oggi alle parole del Papa, che parla dei conflitti e del giusto modo di affrontarli. Lo fa dal n. 226 al n. 237 dell’ “Evangelii gaudium”. Dice il Papa: “Il conflitto non può essere ignorato o dissimulato. Dev’essere accettato. Ma se rimaniamo intrappolati in esso, perdiamo la prospettiva, gli orizzonti si limitano e la realtà resta frammentata. Quando ci fermiamo nella congiuntura conflittuale, perdiamo il senso dell’unità profonda della realtà”. Sembra proprio che si riferisca a due categorie di persone: quelle che evitano ogni conflitto, non ascoltano l’altro, fanno finta di niente, tanto prima o poi l’altro si stanca, adottano la tecnica del muro di gomma, sono capaci solo di colpire alle spalle quando tutto è tranquillo e quelle che vivono di conflitti, che hanno bisogno di un nemico per affermare la propria personalità insicura, a cui non va mai bene niente degli altri parchè in realtà sono profondamente delusi di se stesse. Sono gli estremi, che rendono sempre molto difficile risolvere situazioni che, nel merito, esigevano invece un intervento tipico delle persone mature e sagge. Continua, infatti, il Papa: “Di fronte al conflitto, alcuni semplicemente lo guardano e vanno avanti come se nulla fosse, se ne lavano le mani per poter continuare la loro vita. Altri entrano nel conflitto in modo tale che ne rimangono prigionieri, perdono l’orizzonte, proiettano sulle istituzioni le proprie confusioni e insoddisfazioni...

Comunione nelle differenze

Posted by : | On : 23-08-2014 | Comments (0)
Quando uno è stato in Terra Santa non può più essere indifferente ai conflitti. E non parlo solo del conflitto sanguinoso che divide due popoli. Parlo anche dell’altro conflitto, non cruento (salvo il venire alle mani ogni tanto e darsele di santa ragione), che vede protagonisti i cristiani in Palestina: pochi, ma divisi su tutto. Cattolici, ortodossi, armeni e chi più ne ha più ne metta riescono ad offrire uno spettacolo deprimente a chi vorrebbe contemplare la tunica indivisa di Gesù o, almeno, una pacifica e cordiale convivenza nei luoghi più santi della cristianità. Ma è possibile veramente evitare che ci siano conflitti? Anzi, è giusto evitare i conflitti? Non sarebbe come cedere all’omologazione, pretendere che tutti la pensino allo stesso modo, in attesa che arrivi davvero qualcuno che imponga a tutti le proprie idee? Se nessuno ha il coraggio di dissentire tutto diventa estremamente facile per chi gestisce il potere, sia esso politico, economico o ecclesiastico. Sì, perché il potere costituisce una tremenda tentazione: ti fa credere superiore agli altri, detentore  della verità che coincide sempre con quello che pensi tu, gli altri sono declassati a meri esecutori dei tuoi comandi, diventi incapace di ascoltare, elimini il dissenso, perché a te basta essere in tua compagnia. Anche Dio diventa superfluo perché sei tu un dio. Un uomo o una donna di potere deve combattere con tutto questo. La storia biblica ci insegna che proprio per aiutare i potenti...