Sinodo/1

Di : | Il : 25-10-2014

Penso che anche un povero badilante come il sottoscritto abbia il diritto di dire le proprie impressioni riguardo all’evento “epocale” del Sinodo sulla famiglia. Gli organi di stampa si sono tutti schierati sulla linea interpretativa della novità rispetto ai temi dei divorziati risposati, delle convivenze, delle coppie omosessuali. Nella “relatio Synodi” (il documento finale di questa prima parte, affidato ora alla discussione delle Chiese locali) si dicono cose molto belle, come, per esempio, al n. 46: “Ogni famiglia va innanzitutto ascoltata con rispetto e amore, facendosi compagni di cammino come il Cristo con i discepoli sulla strada di Emmaus. Valgono in maniera particolare per queste per queste situazioni le parole di papa Francesco: La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa arte dell’accompagnamento, perché tutti imparino a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro. Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo  sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana”. La prossimità può anche essere mancata in tante persone, più abituate ad ergersi come giudici inflessibili che a chinarsi sulle ferite, e quindi mi sembrano molto belli anche i contenuti del n. 51: “Anche le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio che li faccia sentire discriminati e promuovendo la loro partecipazione alla vita della comunità. Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità”. Fin qui nulla da eccepire: l’indissolubilità del matrimonio è una legge divina, Gesù ha pronunciato parole molto chiare al riguardo e anche se qualche teologo si impegna assai per scardinare questo principio non mi sembra che ottenga grandi risultati. Ad un certo punto, però, arriva una proposizione sulla quale si infrange la maggioranza plebiscitaria e si arriva alla sola maggioranza semplice (104 contro 74). Siamo al n. 52, che dice: “si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa e il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari e a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire conseguenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che “l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate” da diversi “fattori psichici oppure sociali”. Mi vengono alcune domande e alcune perplessità, che si raccolgono attorno ad un nucleo centrale: l’indissolubilità del Matrimonio esiste ancora oppure no? Comunque la si rigiri, la questione è proprio questa. E non mi sembra che si possa affermare una realtà nella teoria negandola poi nei fatti. Affronteremo in modo più approfondito i problemi nelle prossime settimane. Intanto speriamo di non aver imboccato una discesa pericolosa. E, nel caso, speriamo che il Papa sappia usare bene i freni. 

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