Dissidenti

Di : | Il : 11-10-2014

Corradino Mineo, Felice Casson, Lucrezia Ricchiuti: chi sono costoro? Sono tre parlamentari del Partito Democratico che hanno scelto di non adeguarsi alle direttive del partito ed hanno votato “no” alla fiducia posta dal Governo sul decreto sul lavoro. Per chi, come me, guarda ormai con disillusione e un po’ di schifo al mondo della politica (volutamente con la minuscola) è una piacevole sorpresa. In un’epoca in cui i parlamentari sono scelti non dal Popolo, ormai sempre meno sovrano e sempre più suddito tartassato e spremuto, ma dal segretario del partito, un atteggiamento così poco collaborativo fa rischiare il posto di “lavoro”. Molto meglio sarebbe stato fare una bella battaglia di principio, nella quale gridare a gran voce la difesa dei diritti di qualche categoria oppressa e poi adeguarsi, obtorto collo ovviamente, al voto stabilito dall’alto, in nome di una fantomatica fedeltà agli elettori (!?) che avendo scelto quel partito hanno scelto una linea politica bla bla bla… Mineo, Casson, Ricchiuti: bravi! Chissà quale sarà il vostro destino. Se i dirigenti del vostro partito fossero come voi dovrebbero espellervi seduta stante. Perché va benissimo discutere e confrontarsi, ma se poi la discussione e il confronto non restano sterili e portano davvero a qualcosa di troppo concreto come un voto contrario, come si fa ad andare avanti? Ma ho qualche dubbio sul fatto che venga adottata una soluzione del genere: creerebbe dei martiri. Molto meglio sarebbe la cooptazione: un bell’incarico di prestigio, ma con il quale si fanno pochi danni, un ingresso nella stanza dei bottoni, così che da fustigatori di costumi si diventa autori, custodi e garanti dei costumi prima fustigati. Questa seconda tecnica è ampiamente usata anche dalle autorità ecclesiastiche: ho visto preti dissenzienti su tutto diventare fautori totali dell’ordine costituito e inquisitori peggio di Torquemada una volta cooptati nei centri del potere. Anche se alle autorità ecclesiastiche meno furbe e avvedute non dispiace il metodo duro o quello dell’isolamento totale e dell’indifferenza verso chi non è allineato, quello della cooptazione è il più efficace, perché fa diventare complici e pochi resistono alla tentazione della carriera, soprattutto quando è ammantata di “servizio faticoso”, “obbedienza sofferta”, “accoglienza di un progetto più grande” e quant’altro la psiche umana, sollecitata dal Tentatore, è capace di inventarsi per giustificare qualcosa che in teoria la persona non avrebbe mai fatto. Certo, un po’ fa tristezza mettere sullo stesso piano i partiti politici e la Chiesa, o almeno quella parte di Chiesa dove le parole “servizio” e “potere” spesso si intersecano e la seconda prende il sopravvento. Tuttavia uno sguardo disincantato ci fa cogliere con un sorrisino le storture e le dabbenaggini. Speriamo anche che una buona dose di Spirito Santo ci aiuti a restarne immuni. E non sempre è facile, perché il potere è una brutta bestia. Che sia esercitato su una sola persona o sulle moltitudini fa poca differenza: offre comunque l’ebbrezza dell’onnipotenza. D’altronde Satana non aveva detto ad Adamo ed Eva: “Diventerete come Dio?”.

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