Qualche anno fa è uscito un libro di don Bruno Maggioni dal titolo “La pazienza del contadino”, titolo che sintetizzava un aspetto presente in diverse parabole narrate da Gesù. Essere pazienti, aspettare con fiducia i frutti. Un po’ come il padrone di quel fico che non ne voleva sapere di produrre fichi. Il fattore vorrebbe tagliarlo, ma il padrone lo invita a pazientare, a mettergli ancora un po’ di concime, a lasciarlo lì ancora un po’ di tempo… E’ lo stile di Dio con noi: da quanto tempo è paziente nei nostri riguardi e ci offre un’occasione dopo l’altra per cambiare? Dovrebbe essere anche il nostro stile nei confronti di noi stessi e degli altri. Anche solo per interesse. Spesso, infatti, l’impazienza provoca delusioni cocenti. Il voler vedere subito i frutti, la realizzazione immediata di un progetto, l’esecuzione subitanea di un ordine, l’esaudimento di un desiderio in tempi brevissimi: alla fine tutto questo rischia di rovinarci la vita. E qualche volta pretendiamo che anche Dio si sbrighi nell’accontentarci!
Forse abbiamo perso la capacità di essere costanti per lungo tempo, tenaci, con quella caparbietà che riesce a far dosare gli sforzi, così da percorrere lunghissime distanze. Siamo più portati a correre i cento metri piuttosto che la maratona. Chissà, forse abbiamo la percezione inconscia della brevità di questa nostra vita terrena, sentiamo che il tempo ci sfugge tra le dita, siamo consapevoli di avvicinarci, nostro malgrado, a passi da gigante alla morte.
Essere pazienti ci aiuterebbe, invece, tantissimo. A contemplare, innanzitutto le bellezze della vita, che sono tante e richiedono lentezza e calma per essere gustate adeguatamente. Il crescere nostro e degli altri, le scoperte che possiamo fare ogni giorno (“si impara fino alla bara” dice un proverbio), le meraviglie di cui Dio riempie la nostra vita, i frutti del nostro impegno: tutte queste cose richiedono una buona dose di tempo per essere considerate ed assaporate, tempo per ricevere solide basi, per mettere radici profonde. Pazienza, dunque. Anche se occorre mettere in conto un po’ di sofferenza, di sopportazione, anche di noi stessi. Facciamo fatica a tirare il freno. Ma quante cose perdiamo vivendo sempre ad alta velocità.
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