Sembrerebbe così ovvia e scontata… E invece la morte non rientra quasi mai tra i nostri programmi futuri, o, almeno, tra quelli su cui ci soffermiamo con piglio decisamente organizzativo e con una qualche compiacenza. Eppure, lo sappiamo benissimo, la morte può arrivare in qualunque momento, può sorprenderci nel sonno o ghermirci durante una bella sciata. E non è meno impressionante quella lungamente attesa (e forse anche un po’ invocata), che arriva dopo una lunga sofferenza. La morte lascia sgomenti quelli che restano vivi, creando una paura, un’angoscia che porta ad evitare di pensarci. Pensiamoci, invece! Anche solo per vivere meglio il tempo che abbiamo. Non occorre essere cristiani per arrivarci. Se dobbiamo morire sarà il caso di sfruttare ogni istante della vita che ci è data per… E qui sì entrano la fede, la religione, le filosofie, i valori e i principi che regolano la nostra vita ed ispirano le nostre scelte: come la riempiamo questa vita? Dipende anche da che cosa pensiamo che ci sia “dopo”.
Ogni tanto mi piace (e so che è un pensiero segreto di molti) pensare al mio funerale: chi ci sarà? E, soprattutto, che cosa diranno di me? Chissà se sarà anche lì un momento pieno di frasi fatte, di circostanza (le “condoglianze” fatte con voce triste e faccia tirata, possibilmente con occhiali scuri per non far vedere che non si piange), chissà se ci saranno ricordi ufficiali un po’ ipocriti (si sa che quando si nasce son tutti belli, quando ci si sposa son tutti bravi e quando si muore son tutti buoni. E questo può anche essere divertente; vedere come, per qualche ora, tutti fingono di averti stimato, vedere che i tuoi difetti, che davano un gran fastidio, diventano virtù o, comunque, almeno “tratti decisi del carattere” dovrebbe essere esilarante per chi guarda stando ormai dall’altra parte), chissà di che cosa si parlerà in fondo alla chiesa o sul sagrato, quante risate sui temi più svariati (salvo ricomporre i muscoli facciali nell’espressione più addolorata del mondo alla circostanza dell’avvicinarsi di qualche parente del sottoscritto defunto). Sarebbe bello se al funerale ci fossero solo le persone a cui si è fatto davvero del bene, tante o poche che siano. Ma poi, in fondo, al morto che cosa importa? Ormai tutto è compiuto. Alle persone bisogna fare del bene quando sono in vita! Dopo basta una qualunque degna sepoltura. Senza ipocrisie e senza troppe lacrime e sceneggiate, chè tanto, dopo qualche tempo, anche i dolori più intensi si diluiscono e… “chi muore giace e chi vive si dà pace”. La quiete della morte, sempre solenne, dovrebbe aiutarci davvero ad usare meglio il comunque sempre poco tempo che abbiamo a disposizione in questa vita per amare intensamente e lasciare il mondo un po’ migliore rispetto a come l’abbiamo trovato.
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