Giovani

Di : | Il : 22-06-2013

E’ iniziato uno dei periodi più belli dell’anno per un prete che, nel profondo dell’anima, resta un “animale da cortile” (definizione che qualifica il prete che sta in mezzo ai ragazzi nel cortile dell’Oratorio, coniata da un salesiano molto in gamba). L’estate porta con sé il Grest e i campi, momenti educativi ineguagliabili, dove bambini, ragazzi, adolescenti e giovani possono vivere davvero un’esperienza di comunione e di servizio. In questi giorni, quindi, il Signore mi concede il privilegio di vivere a stretto contatto con la gioventù, di vedere all’opera i nostri ragazzi dai 14 ai 18 anni, di osservarli mentre passano le mattine a preparare meticolosamente le attività pomeridiane, mentre sudano e si entusiasmano sotto il sole pomeridiano, mentre con delicatezza materna si preoccupano del bambino che tende ad isolarsi o medicano quello che è caduto e si è sbucciato il ginocchio. Sono uno spettacolo, questi ragazzi! Spesso abbiamo un’idea dei giovani negativa, li vediamo come un problema. Certo, qualche volta è così: oltre a quelli che sudano a servizio degli altri, ci sono anche quelli che bighellonano tutto il giorno trascinandosi da un locale all’altro oppure fanno di peggio nelle zone un po’ più defilate. Ma perché non vedere tutti quelli entusiasti, desiderosi di cambiare il mondo, capaci di generosità, quelli che fanno volontariato? Perché non si prova ad ascoltarli, questi giovani, invece di offrire sempre ricette preconfezionate da noi adulti, che molto spesso sanno di banco dei surgelati? I giovani hanno idee loro, non sono contenitori da riempire. Questo richiede, da parte di noi adulti, una continua capacità di confronto, un dare ed un ricevere, che spesso mette in crisi il nostro sistema fatto di presunzioni e di fragilità ostentate come sicurezze.

Mi piace confrontarmi con i giovani e mi sembra di cogliere, da parte loro, un grande bisogno di coerenza. Già Papa Paolo VI diceva che il nostro tempo ha bisogno di testimoni più che di maestri. Già, perché il Maestro è uno e tutto quello che doveva insegnare l’ha insegnato. Adesso si tratta di mettere in pratica per dimostrare che i Suoi insegnamenti non son solo delle belle utopie. E’ difficile che un giovane (e non solo un giovane) riesca a fare il salto di qualità che Gesù chiedeva di fare parlando dei farisei: “Quello che vi dicono di fare fatelo, ma non fate quello che fanno”. I giovani hanno diritto non solo ai posti di lavoro. Hanno diritto soprattutto a trovare sulla loro strada persone nelle quali l’altezza degli ideali e l’impegno per realizzarli vadano di pari passo. E questo vale in modo particolare per i genitori. Poi, a seguire, per tutti quelli che svolgono una funzione educativa. Se gli adulti che stanno “in alto”, nella Chiesa e nella società civile, se ne rendessero conto! Troppo spesso le loro parole perdono valore perché risuonano vuote, non supportate da una testimonianza di vita. L’educatore, colui che occupa un posto di responsabilità non può permettersi troppe incoerenze: i giovani, grazie  a  Dio, sono molto esigenti e sanno cogliere molto bene la differenza tra l’insegnante che si prepara bene, che si impegna, che dà il meglio di sé e quello che invece tira a campare, che non si aggiorna, che non studia più. E i ragazzi più deboli saranno portati ad imitare i tratti negativi dell’insegnante, mentre i più bravi saranno demotivati nello studio di quella materia (a meno che l’insegnante sia talmente ignorante e presuntuoso da essere molto esigente e pure “stretto di voti”. Allora i ragazzi studieranno magari anche, ma con un profondo disprezzo nei suoi confronti e la sua funzione più alta, quella educativa, si sarà completamente dissolta). Ho fatto l’esempio dell’insegnante, ma avrei potuto fare quello del papà, della mamma, del prete… Se tutti ci ricordassimo di più che dare il buon esempio è un preciso dovere forse tante cose andrebbero meglio e non saremmo ingolfati in una crisi che, prima che economica, è di valori e di certezze.

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