Un uomo di nome Francesco/2

Di : | Il : 01-06-2013

Folla fino in via della Conciliazione. I commentatori che sottolineano la straordinarietà numerica di questa presenza. Mi viene in mente la domanda che Gesù rivolge, nel Vangelo di Giovanni, ai primi “potenziali” discepoli: “Che cercate?”. Già. Che cosa cercano ogni settimana centinaia di migliaia di persone che vanno dal Papa? Gesù, nel capitolo 6° del Vangelo di Giovanni, pronuncia parole amare riguardo alle reali intenzioni delle folle: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.” La moltiplicazione dei pani e dei pesci aveva riempito le pance e allora si va dietro a questo Gesù, organizzatore di “catering” ante litteram.

Le folle che cercano il Papa non hanno bisogno di essere sfamate gratis. Accennavo, nella precedente riflessione, all’esigenza di incontrare una persona coerente, un uomo autentico che crede in Cristo e mette in pratica quello in cui dice di credere. Forse, poi, non si è così propensi a mettere in pratica i suoi inviti e i suoi esempi: proviamo a pensare quanti di noi, dopo l’approvazione incondizionata delle parole di Papa Francesco riguardo alla povertà della Chiesa e l’ammirazione per l’esempio di povertà da lui offerto, sono capaci di andare in giro con le scarpe risuolate. Oppure non comperano nuovi pantaloni finché non si sono consumati quelli vecchi.

Ritengo, comunque, che un bisogno forte dell’uomo sia quello di provare emozioni. Le emozioni intense che fanno provare un brivido. Ma, si sa, le emozioni sono anche molto volatili, passano presto, non entrano in profondità. Vedere il Papa è indubbiamente un’emozione forte: anche perché, a detta di chi ha vissuto questa esperienza, Papa Francesco sembra proprio parlare con te, fare a te quel gesto, quel saluto. E anche se il suo passaggio dura una frazione di secondo tu ti sei sentito amato, considerato. Ti sei sentito importante per qualcuno! Ed ecco un altro nostro grande bisogno: il bisogno di essere importanti per qualcuno, di non essere considerati solo numeri o pedine manovrate da altri. E’ un bisogno pericoloso, che può essere facilmente strumentalizzato, perché richiede proprio poco per essere soddisfatto: in fondo conosciamo tutti qualche prelato (e non solo!) che “fa il simpatico”. E’ sufficiente un po’ di giovialità, qualche pacca sulla spalla, un sorriso buffo, un posa “furba” nella foto per i giornali e… voilà, il gioco è fatto: tutti a dire “ma come è alla mano, ma che buon cuore, ma che uomo di compagnia”. C’è chi, con questi atteggiamenti, coltiva un ego smisurato, illudendosi anche di essere veramente amato. 

comment closed