Ordinazioni

Di : | Il : 13-06-2015

Quest’anno bisognerebbe parlare al singolare, perché la nostra Diocesi vive l’esperienza di una sola ordinazione presbiterale. Già, su 500.000 abitanti uno solo ha risposto alla chiamata di Dio e oggi diventa prete. Come considerare tutto questo? Potremmo innanzitutto ringraziare il Signore che ancora chiama e non si stanca di fare regali ad una Chiesa i cui membri fanno spesso di tutto per non meritarseli. Come dice di frequente il nostro vescovo, se misurassimo la fede delle nostre Comunità che cosa troveremmo? E quando parlo di Comunità, non mi riferisco solo alle povere parrocchie, ormai rimaste sole a presidiare il territorio e a cercare di evangelizzare un po’ i pagani di ritorno, che affollano i nostri paesi e le nostre città, con risultati spesso scarsi e con molte frustrazioni, con la tentazione di ripiegarsi su sé stesse e di rifugiarsi nella logica fallimentare del “pochi, ma buoni”. Che, poi, ogni tanto, così buoni non sono, perché se andiamo un po’ in profondità nell’analisi della vita di tante Comunità, si scopre che, insieme a tanto impegno sincero e a tanta generosità, ci sono anche invidie, malevolenze, protagonismi narcisistici, gruppi chiusi, oligarchie gestionali, amici del parroco e amici degli amici del parroco… Ma qui il discorso diventa molto ampio, perché dovremmo chiederci qualcosa riguardo all’identità della Chiesa oggi. Chi siamo? Che cosa facciamo? Che cosa si percepisce del nostro essere e del nostro operare? Che cosa facciamo percepire del nostro essere e del nostro operare? I problemi di relazione e di testimonianza vissuti nelle Parrocchie sono presenti in tutti gli altri livelli. Ecco perché il polso della fede va misurato a tutti, non solo a chi vive nelle Parrocchie. “Il pesce comincia a puzzare dalla testa”: e forse un po’ di sana autocritica da parte di tutti farebbe tanto bene alla Chiesa. Che cosa percepiscono i giovani, oggi, dello “stile” di vita dei cristiani e, in particolare, quale esemplarità offriamo noi, appartenenti al clero e alla vita religiosa? Che cosa può trovare di veramente bello ed evangelico negli uomini e nelle donne che hanno fatto la scelta (teoricamente) di donarsi interamente a Dio? Sono domande che mi sono sempre posto e che non vogliono togliere nulla al primato della grazia di Dio, che agisce ben aldilà dei limiti umani. Sono domande che, semplicemente, mi fanno pensare alla testimonianza che danno i vescovi, i preti, i frati, le suore, i laici cosiddetti impegnati, gli sposi, cioè la Chiesa in tutte le sue articolazioni. Testimonianza di vita vera e non di parole, perché a dir parole siamo tutti campioni! Un ultimo pensiero. Molte persone stanno vivendo come una sciagura il fatto di avere un solo prete novello in Diocesi. Ma chi l’ha detto che questo non sia un segno di Dio? Chi l’ha detto che il Signore non ci stia dicendo qualcosa di importante sul nostro modo di concepire la Chiesa, ancora troppo clericale? Ci sono pochi preti. Dove sarà mai il problema? Vuol dire che, finalmente, si darà spazio ai laici. Dovrebbero averle sentite tutti i vescovi italiani le parole che ha detto il Papa all’inizio della loro assemblea sulla valorizzazione e l’autonomia dei laici. Che cosa si aspetta? Di aver “formato” una generazione di laici che la pensino esattamente come i preti, trasferendo ad essi il clericalismo e cooptandoli nelle stanze dei bottoni solo se perfettamente in linea con le idee del “capo”? Vedremo! Intanto godiamoci la grande gioia di avere un nuovo prete e continuiamo a pregare perché ce ne siano altri capaci di servire il Popolo di Dio e non gli interessi di bottega.

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