Amore percepito/2

Di : | Il : 08-02-2014

Sulla base di quanto scritto la scorsa settimana qualcuno potrebbe obiettare: “se io fingo di voler bene, se ho atteggiamenti esterni che non corrispondono ai miei sentimenti allora sono un falso, un ipocrita, un imbroglione, un fariseo”. Uh, che parole grosse! Ecco una tentazione perfida e subdola, che ci allontana da quanto il Signore ci chiede: la tentazione della “verità”. E non parlo della Verità con la maiuscola (in nome della quale, comunque, gli uomini si sono macchiati delle peggiori nefandezze), ma di quella verità con la minuscola, che potremmo definire come la piena corrispondenza tra quello che è il nostro essere interiore e il nostro agire. Per molti “essere veri” significa semplicemente fare sempre e solo quello che viene d’istinto, incuranti dell’impatto che questo può avere sugli altri. “Devo essere accettato per quello che sono” è un’espressione di comodo inaccettabile per un cristiano. Può essere un valido inizio per una psicoterapia, ma se ci si ferma lì siamo al culto di sé, al narcisismo più sfrenato, quello che condanna irrimediabilmente alla solitudine più nera. Il narcisista non è capace di controllare sé stesso, di valutare se e quando è il caso di dire o di fare una cosa, vive della propria voglia momentanea e fa un sacco di danni agli altri. Fa soffrire senza nemmeno rendersene più conto, l’unica cosa importante è soddisfare il proprio bisogno di essere al centro dell’universo (che poi può essere ridotto anche solo ai suoi familiari, ma tant’è). In un solo caso il narcisista si trattiene e controlla i suoi istinti (ma riesce a farlo per poco tempo, non è un passista) e cioè quando deve realizzare qualcosa per cui chi gli è di fronte deve coltivare di lui una buona opinione. Ecco il modo migliore di essere farisei: fingere per avere un vantaggio personale (di solito carriera, soldi, possesso o anche solo per allargare la ruota di pavone).

Chi segue Gesù dovrebbe invece avere ben altro scopo nella vita: quello di aiutare se stessi e gli altri ad andare in Paradiso. E spesso un sorriso, uno sguardo di benevolenza, una parola di misericordia, una piccola delicatezza aiutano chi li riceve ad essere a sua volta più sorridente, più misericordioso… E’ quello che si sforza di fare il Papa nell’incontro pur fugace con migliaia di persone. Certo, non tutti sono sostenuti da un carattere aperto, naturalmente gioviale e bonario. Si tratta allora di apparire aperti, gioviali e bonari. Perché offendere, trattare male, essere scorbutici e musoni? Solo perché a qualcuno viene più spontaneo? Quante persone si sono  allontanate dalla Chiesa e anche da Dio proprio a causa di atteggiamenti del genere tenuti da chi si professa cristiano? “Convertitevi”: è una parola forte di Gesù e ci chiede di cambiare mentalità. Ma intanto cominciamo a cambiare gli atteggiamenti esterni, gesti e parole. Così gli altri “percepiranno” amore e allora saremmo già a buon punto. Chissà mai che dal farlo percepire si passi al provarlo davvero, questo amore.

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