Quando arriviamo ad Assisi, il 26 agosto, è tardo pomeriggio. Le case e le chiese, aggrappate alle pendici del Monte Subasio, si raggiungono con un solo colpo d’occhio.
La basilica di San Francesco e Santa Chiara racchiudono la cittadina avvolta nel rosa delle pietre. Cinque giorni non saranno troppi per visitarla? Il dubbio si allontana appena accolti nel Convento delle suore Angeline, il nostro “campo base”, costruito attorno ad una chiesa del 1000. Assisi conserva una storia millenaria, d’arte, di cultura, di religiosità profonda, dove ogni vicolo e piazza sono stati sorgente di novità.
Per conoscerle da vicino ci vogliono piedi e gambe disposte a camminare, perché così il senso della distanza permette di tuffarsi meglio nella storia, percorsa dalla sofferenza, dalla guerra, dalla derisione, dalla fatica e anche dalla preghiera, dalla condivisione, dalla solitudine, dall’umiltà. Ogni pietra ricorda un miracolo, un evento determinante, un atto ufficiale. Così tra negozi di souvenir e ristoranti tipici si aprono piazze di memoria, facciate di chiese ricamate dal lavoro di sapienti maestri. I giorni volano. E se la storia di Francesco sembrava nota e scontata, con il passare delle ore diventa sempre più nuova e sorprendente.
La guida attenta e celere di don Roberto riesce ad interessare tutti, grandi e bambini. Salite e chilometri di strada scorrono sotto i piedi più leggeri e raggiungono i luoghi da cui il francescanesimo ha preso vita: l’Eremo delle carceri,...
Papa Francesco ci esorta a osservare, sabato 7 settembre, una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria: l’invito, lanciato domenica all’Angelus, è esteso a tutti i cristiani, ai fedeli di altre religioni e ai non credenti.
Per questo il Pontefice ha dato appuntamento in piazza San Pietro dalle 19 alle 24 per una veglia di preghiera: la comunità comasca si unisce idealmente al Papa con l’Adorazione Eucaristica che si terrà nella Basilica di S. Fedele dalle 18 alle 24.
26 – 31 agosto: le famiglie di San Giuliano sulle orme di Francesco e Chiara
Un gruppo di famiglie della nostra parrocchia sta trascorrendo con don Roberto una settimana di “vacanza spirituale” nella città dei due santi, alla scoperta dei luoghi dove hanno vissuto e dato la loro testimonianza Francesco e Chiara.
Nell’immagine, la prima Messa celebrata nella chiesa di S. Giacomo de muro rupto, oggi parte della struttura gestita dalle suore Francescane Angeline che ospita le famiglie durante il loro soggiorno.
Chissà perché, ma le cifre tonde fanno un po’ impressione. E così compiere cinquant’anni è diverso dal compierne quarantanove. Anche se qualcuno sostiene che si sia arrivati “nel mezzo del cammin di nostra vita” io credo che si possa parlare di due terzi, più che di metà. Pensieri assurdi anche questi, perché in ogni momento, anche adesso, si può essere chiamati a rendere conto del bene e del male compiuti in questa vita. Fare bilanci onesti e veritieri non è mai facile, però è molto utile. Guardare in faccia il tempo che passa, veloce ed inesorabile, scoprendo i segni che lascia nel nostro corpo e nella nostra mente è il rimedio più efficace contro l’orgoglio e l’egoismo. Certo, in una persona narcisista il verificare questi segni può essere sconvolgente. Se poi il narcisismo nascondeva, come spesso capita, una insicurezza di fondo, una scarsa accoglienza di sé e una disistima così accentuata da apparire eccessiva autostima, allora lo scorrere del tempo diventa una realtà da combattere con tutte le forze (sempre più residue!). Si arriva così ai vari “rifacimenti” di quelle parti del corpo più soggette a decadenza visibile, a cure con sostanze che sostengano la memoria, a qualche “aiutino” che possa far sentire ancora “maschi”… Come sarebbe bello e pacificante accogliere ogni età per quello che è e per quello che può dare. D’altronde essere in pace con sé stessi, in equilibrata armonia con gli altri e con il creato intero è...
Mario e Silla, Cesare e Pompeo, Antonio e Ottaviano, e poi su su, fino ai Guelfi e ai Ghibellini e ai Nordisti e Sudisti americani e poi ancora, almeno secondo gran parte della storiografia contemporanea, ai Fascisti e ai Partigiani di casa nostra. A questi personaggi e a queste tragiche vicende mi ha fatto pensare il termine “guerra civile” recentemente evocato da un illuminato e sicuramente ispirato statista poeta (o poeta statista) le cui scelte nella vita politica fanno pensare più ad un novello Bombacci che ad un Havel di cecoslovacca memoria. E riflettendo sul passato non ho potuto far altro che constatare i grandi interessi (insieme a qualche ideale) che hanno scatenato queste lotte fratricide: questioni politiche, economiche, sociali di grande spessore. Chissà se rientra tra questi il motivo della prossima guerra civile che, mi par di capire, dovrebbe prendere le mosse dall’esclusione del senatore Berlusconi dalla vita politica, dopo la condanna definitiva per frode fiscale. Ohibò! Mi immagino già legioni di “forzisti” e di “forziste” siliconati e armati di tutto punto che calano sulle prefetture di tutta Italia per occuparle, mentre, approfittando della confusione, milioni di fucilieri padani corrono a presidiare il Po e caricano tutti i “negher” su vagoni piombati diretti fuori dai sacri confini della Macroregione. Scenario apocalittico! Anche perché dall’altra parte si schiererebbero subito i paladini della giustizia, quei “rossi” ormai...
In questo periodo uno dei termini più inflazionati del nostro vocabolario è certamente “democrazia”. Credo che possa rivaleggiare con il termine “amore” della nostra dorata epoca adolescenziale. E, come “amore”, anche “democrazia” ha tanti significati quante son le persone che pronunciano la parola. Forse varrebbe la pena, tanto per rinfrescarsi la memoria e cogliere la distanza tra alcune idee attuali e quelle classiche, vedere che cosa intendessero per “democrazia” Solone, Clistene, Efialte, Pericle, Demostene, cioè coloro che in un paio di secoli l’hanno realizzata e perfezionata nell’antica Atene. La cosa però sarebbe troppo lunga e penso di poco interesse in questa sede, dove mi limito ad alcuni pensieri che da un po’ di tempo mi frullano per la testa.
Il primo pensiero (che mi fa arrabbiare anche un po’) è che non viviamo in una democrazia, ma in una partitocrazia. A livello nazionale, infatti, il popolo ufficialmente e teoricamente sovrano in realtà può solo dare il proprio voto ad un partito, il quale sceglie chi mandare in Parlamento. E questo grazie ad una legge elettorale dal punto di vista democratico demenziale, che tutti a parole vogliono cambiare e che tutti, nei fatti, vogliono mantenere, beatamente uniti tra destra e sinistra, tra progressisti e conservatori, tra falchi e colombe. E, in fondo, mettiamoci nei panni di un povero segretario (o capo) di un partito: si farà un po’ di fatica prima, quando si tratta di metter giù...