Cardinali

Di : | Il : 28-02-2015

Nel corso del Concistoro per la creazione di 20 nuovi cardinali il Papa ha tenuto una breve omelia prendendo spunto dall’inno alla Carità della prima lettera ai Corinzi.

Dice il Papa: “La carità è magnanima e benevola. Quanto più si allarga la responsabilità a servizio della Chiesa, tanto più deve allargarsi il cuore, dilatarsi secondo la misura del cuore di Cristo. Magnanimità è saper amare senza confini, ma nello stesso tempo fedeli alle situazioni particolari e con gesti concreti. Amare ciò che è grande senza trascurare ciò che è piccolo… Saper amare con gesti benevoli. Benevolenza è l’intenzione ferma e costante di volere il bene sempre e per tutti, anche per quelli che non ci vogliono bene”. Niente di nuovo. Parole già espresse più volte nel Vangelo da Gesù in persona. E tuttavia parole che hanno bisogno sempre di essere ripetute perché noi pastori siamo facili alla dimenticanza. E allora la tentazione è quella di amare in teoria, ma non con gesti concreti. Oppure, peggio ancora, di “amare” esteriormente alla ricerca di facili consensi, perché si parli bene di noi, così da gratificare il nostro ego spesso smisurato. Amare tutti, poi, non è tanto facile, perché siamo deboli e ci viene spontaneo amare chi ci ama. E se scambiamo per amore la lode sperticata, il vassallaggio sempre prono di chi ci dà sempre ragione, il sorriso affettato di chi ci sta vicino per convenienza, allora la frittata è fatta e l’unico criterio di benevolenza rischia davvero di essere il nostro narcisismo pienamente soddisfatto da chi ha interesse a soddisfarlo. Riprende il Papa: “La carità non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse”. Questi due tratti rivelano che chi vive nella carità è decentrato da sé. Chi è auto–centrato manca inevitabilmente di rispetto e spesso non se ne accorge nemmeno, perché il rispetto è proprio la capacità di tenere conto dell’altro, della sua dignità, della sua condizione, dei suoi bisogni. Chi è auto-centrato cerca inevitabilmente il proprio interesse e gli sembra che questo sia normale, quasi doveroso. Tale interesse può anche essere ammantato di nobili rivestimenti, ma sotto sotto c’è sempre “il proprio interesse”. Invece la carità ti de-centra e ti pone nel vero centro che è Cristo.” Quante volte capita davvero di ammantare il proprio interesse con nobili rivestimenti. Dobbiamo stare attenti e operare sempre un forte discernimento sulle nostre parole e sulla nostre azioni, perché alla fine quello che conta davvero è Cristo. Sono i suoi interessi che noi dobbiamo fare. Magari anche a scapito della nostra popolarità, del nostro essere benvoluti da tutti. Non è mai produttivo essere un coperchio che va bene per tutte le pentole e sforzarsi di mantenere una certa coerenza con il Vangelo può costare in termini di prestigio umano. La ricerca continua e sfibrante del compromesso rischia spesso di annacquare il messaggio di Gesù, rischia di farci perdere di vista i bisogni reali dei poveri, dei deboli, di coloro che hanno subito e subiscono ingiustizia, trasformando anche noi in operatori di iniquità. Ancora il Papa: “La carità non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Chi è chiamato nella Chiesa al servizio del governo deve avere un forte senso della giustizia così che qualunque ingiustizia gli risulti inaccettabile, anche quella che potrebbe essere vantaggiosa per lui o per la Chiesa”. Certo, per la Chiesa potrebbero esserci (e di fatto ci sono stati!) tanti vantaggi derivanti da situazioni di ingiustizia. Vantaggi economici, privilegi sociali, trattamenti di favore che possono calpestare i diritti altrui. Persino dentro la Chiesa possono esserci queste nefandezze: il silenzio complice che calpesta la dignità dei piccoli, la mancanza di coraggio nel proteggere i deboli, la mancata denuncia di tanti soprusi e ingiustizie in tanti paesi del mondo, la paura di perdere qualche finanziamento o qualche legge di favore o anche solo la parvenza di rispettabilità che dovrebbe circondare l’istituzione-Chiesa. Tutto questo e altro ancora ci fanno stare dalla parte dell’Avversario e non certo dalla parte di Gesù. Suggerimento finale: riprendere in mano il capitolo 13 della prima lettera ai Corinzi e meditarlo. Magari utilizzandolo come esame di coscienza per tutta la Quaresima. 

comment closed