Parole forti

Di : | Il : 18-07-2014

Qualche benpensante, in perfetta buona fede e legittimamente, ritiene che non si debba più parlare di abusi sessuali perpetrati da ecclesiastici ai danni dei minori. Meglio tacere, far finta di niente, tenere un basso profilo, fino a quando tutti se ne saranno dimenticati. Tutti, tranne le vittime, ovviamente. Ma questo è un particolare trascurabile: cosa vuoi che sia la sofferenza di diverse migliaia di persone di fronte al “bene” della Chiesa? Papa Francesco non sembra essere della stessa idea e non perde occasione per pronunciare parole molto forti ed impegnative per tutta la comunità ecclesiale. Come quelle frasi dette sull’aereo al ritorno dalla Terra santa, nel colloquio con i giornalisti: “Abusare di un bambino è come fare una messa nera”. Qualche giorno fa il Papa è tornato sull’argomento, incontrando personalmente, e trattenendosi per tre ore in colloquio privato con loro, sei vittime di abusi sessuali compiuti da sacerdoti. Durante l’omelia tenuta in quest’occasione a s. Marta, il Papa ha parlato in spagnolo, come se avesse bisogno di avere l’assoluta padronanza di ciò che diceva, senza dar adito ad equivoci e per soppesare bene parola per parola. Ne è uscito qualcosa di terribile e sublime nello stesso tempo, parole dure e tenere, che dicono il cuore di un padre e pastore autentico (almeno lui!), che fa proprie le sofferenze delle sue pecorelle. Le riporto integralmente, sperando che possano essere motivo di riflessione anche per i benpensanti. Prendo la traduzione pubblicata martedì 8 luglio dal quotidiano “Avvenire”.

“L’immagine di Pietro che, vedendo uscire Gesù da questa seduta di duro interrogatorio, e che incrocia lo sguardo con Gesù e piange, mi viene oggi nel cuore incrociando il vostro sguardo, di tanti uomini e donne, bambini e bambine; sento lo sguardo di  Gesù e chiedo la grazia del suo pregare. La grazia che la Chiesa pianga e ripari per i suoi figli e figlie che hanno tradito la loro missione, che hanno abusato di persone innocenti. E io oggi sono grato a voi per essere venuti qui.

Da tempo sento nel cuore un profondo dolore, una sofferenza, per il tanto  tempo nascosto, dissimulato in una complicità che non trova spiegazione, finché qualcuno non si è reso conto che Gesù guardava, e un altro lo stesso e un altro lo stesso… e si fecero coraggio a sostenere tale sguardo. E quei pochi che hanno cominciato a piangere hanno contagiato la nostra coscienza per questo crimine e grave peccato. Questa è la mia angoscia e il mio dolore per il fatto che alcuni sacerdoti e vescovi hanno violato l’innocenza di minori abusandoli sessualmente. Si tratta di qualcosa di più che di atti deprecabili. E’ come un culto sacrilego perché questi bambini e bambine erano stati affidati al carisma sacerdotale per condurli a Dio ed essi li hanno sacrificati all’idolo della loro concupiscenza, profanando la stessa  immagine Dio secondo la quale siamo stati creati.      

L’infanzia, lo sappiamo tutti, è un tesoro. Il cuore giovane, così aperto di speranza, contempla i misteri dell’amore di Dio e si mostra disposto in una maniera unica ad essere alimentato nella fede. Oggi il cuore della Chiesa guarda gli occhi di Gesù in questo bambini e vuole piangere. Chiede la grazia di piangere di fronte a questi atti esecrabili di abuso perpetrati  contro i minori. Atti che hanno lasciato cicatrici per tutta la vita. So che queste ferite sono una fonte di profonda e spesso implacabile pena emotiva e spirituale e miei e anche di disperazione. La sofferenza delle famiglie è stata particolarmente grave. A queste famiglie offro i miei sentimenti di amore e di dolore. Gesù torturato con la passione dell’odio è condotto in un altro luogo e guarda. Guarda ad uno dei suoi, quello che lo aveva rinnegato, e lo fa piangere. Chiediamo questa grazia insieme a quella della riparazione.

I peccati di abuso sessuale contro minori da parte di membri del clero hanno un effetto dirompente sulla fede e sulla speranza in Dio. Alcuni si sono aggrappati alla fede mentre per altri il tradimento e l’abbandono hanno eroso la fede in Dio. La vostra presenza qui parla del miracolo della speranza che ha il sopravvento  sulla più profonda oscurità. Senza dubbio è un segno della misericordia di Dio che noi abbiamo oggi l’opportunità di incontrarci, di adorare il Signore, di guardarci negli occhi e cercare la grazia della riconciliazione. Davanti a Dio e al suo Popolo sono profondamente addolorato per i peccati e i gravi crimini di abuso sessuale commessi da membri del clero nei vostri confronti e umilmente chiedo perdono. Chiedo perdono anche per i peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa che non hanno risposto in maniera adeguata  alle denunce di abuso presentate da familiari e da coloro che sono stati vittima di abuso. Questo, inoltre, ha recato una sofferenza ulteriore a quanti erano stati abusati e ha messo in pericolo altri minori che si trovano in situazione di rischio. D’altra parte il coraggio  che voi e altri avete dimostrato facendo emergere la verità è stato un servizio d’amore, per aver fatto luce su una terribile oscurità nella vita della Chiesa. Non c’è posto nel ministero della Chiesa per coloro che commettono abusi sessuali e mi impegno a non tollerare il danno recato ad un minore da parte di chiunque, indipendentemente dal suo stato clericale. Tutti i vescovi devono esercitare il loro servizio di pastori con somma cura, per salvaguardare la protezione dei minori e renderanno conto di questa responsabilità . Per tutti noi vale il consiglio che Gesù dà a coloro che danno scandalo: la macina da mulino e il mare… Voi e tutti coloro che hanno subito abusi  da parte dei membri della Chiesa siete amati da Dio. Prego affinché quanto rimane dell’oscurità che vi ha toccato sia guarito dall’abbraccio del bambino Gesù e che al danno recatovi subentri una fede e una gioia rinnovata… Gesù esce da un giudizio ingiusto, da un interrogatorio crudele e guarda gli occhi di Pietro e Pietro piange. Noi chiediamo che ci guardi, che ci lasciamo guardare e possiamo piangere e che ci dia la grazia della vergogna, perché come Pietro, quaranta giorni dopo, possiamo rispondergli : “sai che ti amiamo” e ascoltare la sua voce: “torna al tuo cammino e pascola le mie pecore” e – aggiungo io –  “non permettere che alcun lupo entri nel gregge.”

Grazie, papa Francesco, per questo parole. Con la speranza che tutti le leggano, anche i vescovi e i loro collaboratori. 

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