I vescovi italiani e il Papa/2

Di : | Il : 31-05-2014

Nella seconda parte del suo intervento il Papa affronta il tema dell’unità della Chiesa. Tema quanto mai opportuno, per chiarire alcuni punti di vista, che stanno rapidamente prendendo piede, e altri che hanno radici molto vecchie. Lasciamo la parola al Papa, magari meravigliandoci un po’ del fatto che rivolga certe domande e certe riflessioni ai vescovi e non a “semplici” fedeli, preti o laici che siano.

“Proviamo, fratelli, a domandarci: che immagine ho della Chiesa, della mia comunità ecclesiale? Me ne sento figlio, oltre che pastore? So ringraziare Dio per essa o ne colgo soprattutto i ritardi, i difetti e le mancanze? Quanto sono disposto a soffrire per essa?… L’unità è dono e responsabilità: l’esserne sacramento configura la nostra missione. Richiede un cuore spogliato di ogni interesse mondano, lontano dalla vanità e dalla discordia; un cuore accogliente, capace di sentire con gli altri e anche di considerarli più degni di se stessi… Come Pastori dobbiamo rifuggire da tentazioni che ci sfigurano: la gestione personalistica del tempo, quasi potesse esserci un benessere a prescindere da quello delle nostre comunità; le chiacchiere, le mezze verità che diventano bugie, la litania delle lamentele che tradisce intime delusioni; la durezza di chi giudica senza coinvolgersi e il lassismo di quanti accondiscendono senza farsi carico dell’altro. Ancora: il rodersi della gelosia, l’accecamento indotto dall’invidia, l’ambizione che genera correnti, consorterie, settarismo: quant’è vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso! E, poi, il ripiegamento che va a cercare nelle forme del passato le sicurezze perdute; e la pretesa di quanti vorrebbero difendere l’unità negando le diversità, umiliando così i doni con cui Dio continua a rendere giovane e bella la sua Chiesa”. Parole forti, persino sconcertanti, pensando a chi sono rivolte. O forse no. Perchè riscopriamo i vescovi-uomini, deboli e non infallibili, costretti anch’essi a lottare quotidianamente con il Demonio, che si insinua spesso nei meandri del cuore umano e in quelli delle curie diocesane, esattamente come nelle esistenze di tutti i comuni mortali. A questo punto il Papa, dopo aver toccato la melma, torna ad innalzarsi verso il cielo limpido: “Rispetto a queste tentazioni, proprio l’esperienza ecclesiale costituisce l’antidoto più efficace. Promana dall’unica Eucaristia, la cui forza di coesione genera fraternità, possibilità di accogliersi, perdonarsi e camminare insieme; Eucaristia da cui nasce la capacità di far proprio un atteggiamento di sincera gratitudine e di conservare la pace anche nei momenti più difficili: quella pace che consente di non lasciarsi sopraffare dai conflitti, che poi, a volte, si rivelano un crogiolo che purifica, come anche di non cullarsi nel sogno di ricominciare sempre altrove. Una spiritualità eucaristica chiama a partecipazione e collegialità, per un discernimento pastorale che si alimenta nel dialogo, nella ricerca e nella fatica del pensare insieme… Fratelli, amate con generosa e totale dedizione le persone e le comunità: sono le vostre membra! Ascoltate il gregge. Affidatevi al suo senso di fede e di Chiesa, che si manifesta anche in tante forme di pietà popolare. Abbiate fiducia che il popolo santo di Dio ha il polso per individuare le strade giuste. Accompagnate con larghezza la crescita di una corresponsabilità laicale; riconoscete spazi di pensiero, di progettazione e di azione alle donne e ai giovani: con le loro intuizioni e con il loro aiuto riuscirete a non attardarvi ancora su una pastorale di conservazione – di fatto generica, dispersiva, frammentata e poco influente – per assumere, invece, una pastorale che faccia perno sull’essenziale. Come sintetizza, con la profondità dei semplici, santa Teresa di Gesù Bambino: “Amarlo e farlo amare”. Fratelli, nel nostro contesto spesso confuso e disgregato, la prima missione ecclesiale rimane quelle di essere lievito di unità, che fermenta nel farsi prossimo e nelle diverse forme di riconciliazione”.

Queste parole possono certamente essere uno stimolo anche per le nostre Parrocchie, che il Papa vuole missionarie, non sedute in un atteggiamento passivo e in una impostazione pastorale di retroguardia. Viviamo da decenni una situazione non facile, i numeri sono impietosi e facciamo spesso fatica a mantenere vicini coloro che, comunque, hanno una certa vita sacramentale. Il Papa ci invita ad andare oltre, ma dobbiamo farlo prima di tutto nel nostro. Senza nessun riferimento politico e storico, è forse però il caso di recuperare una famosa frase latina, applicandola al nostro essere cristiani: “Memento audere semper”, ricordati di osare sempre! In questo il Papa ci sta proprio dando l’esempio.

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