Genny oh Genny

Di : | Il : 10-05-2014

Mi è risuonata un po’ nella testa la canzonetta dei Pokemon “Jenny oh Jenny (con la “j”) quando ho sentito le notizie relative alla finale di coppa Italia (ma si chiama ancora così? Non seguo più il calcio da tanti anni!) preceduta da gravissimi disordini con tanto di feriti. Poi ho visto le immagini e mi sono reso conto che Genny (con la “g”) non è una dolce fanciullina, bensì Gennaro De Tommaso, detto “Genny ‘a carogna”, capo di una fazione di ultras del Napoli, già arrestato per spaccio di droga e figlio di Ciro, affiliato al clan camorristico dei Misso. Questo giovanottone tatuato è in realtà uno dei salvatori della Patria. Perché sarebbe stata una pessima figura internazionale sospendere una partita di calcio in collegamento con 75 Paesi del mondo a causa della minacciata rissa di un folto gruppo di facinorosi, tanto più che in tribuna (non certo in curva!) erano presenti il Presidente del Consiglio con la famigliola e il Presidente del Senato. Bisogna dunque ringraziare Genny ‘a carogna, perché ha dimostrato una notevole “leadership”, conducendo trattative non si sa bene con chi (l’unico individuato è stato il capitano del Napoli, tale Hamsik, uno slovacco ventiseienne che sembrava appena scappato dal set dell’ “Ultimo dei Mohicani”, dove, con quella capigliatura, avrebbe potuto interpretare egregiamente Magua, il capo degli Uroni) a nome di centinaia di scalmanati inviperiti per il ferimento di uno dei loro e tenendoli tutti sotto controllo, permettendo alla fine che si giocasse la partita e non si combattesse una guerra nella quale sarebbero state coinvolte le migliaia di persone che erano andate allo stadio per assistere ad un incontro di calcio e non ad una battaglia di gladiatori. Onore al merito, dunque, di chi ha saputo usare la testa e farla usare agli altri: viste le premesse e i personaggi coinvolti (non solo in curva!) non era per nulla scontato un esito del genere. Sulla stampa ci sono stati commenti indignati contro lo strapotere degli ultras, contro la violenza ormai non più tollerabile (da quanti anni si sente questo ritornello?) e, ovviamente, gran parte di questi commenti venivano dai politici di ogni colore. Qualcuno si è persino azzardato a dire che non era il caso di trattare con un capo ultras. Ma come? Trattare con la mafia si può (trattativa prima smentita con sdegno, ora ammessa da tutti come “necessità” di Stato, dopo l’inizio del processo di Palermo), con le Brigate Rosse pure, magari utilizzando la camorra (vedi la vicenda del rapimento dell’assessore campano Cirillo) e con un povero guappo, che si fa carico dello spettacolo davanti ad una platea mondiale, no? Certo, qualche dubbio ci viene riguardo alla volontà reale da parte della politica (la minuscola è voluta) di sistemare le cose in questo campo. Ma siccome i dubbi a me vengono  anche su tanti altri ambiti nei quali la volontà reale dei politicanti (non ho cuore a chiamarli politici, pur con la minuscola) dovrebbe esercitarsi e invece latita, non mi resta che prendere atto delle virtù civiche di Genny ‘a carogna e di proporlo come esempio di coraggio e di coerenza (la scritta sulla sua maglietta chiedeva la liberazione del giovane ultras che ha ucciso un ispettore di polizia nel 2007, durante gli scontri allo stadio di Messina. D’altronde in un Paese dove un ricco condannato in via definitiva passa da una televisione all’altra per la campagna elettorale, trovando anche il tempo di assistere i vecchietti, perché mai un omicida povero dovrebbe languire nelle patrie galere?) alle nuove generazioni; come Mosè, come Giulio Cesare, come Goffredo di Buglione, come Bartolomeo Colleoni, come Napoleone, Garibaldi, Armando Diaz e il generale Reverberi ha saputo condurre i suoi con mano ferma, come un vero capo, concedendo il necessario e riportando una vittoria su tutto il fronte: chapeau! Non mi meraviglierei se prossimamente fosse chiamato in qualche trasmissione televisiva o a dare testimonianza in qualche parrocchia ai gruppi di adolescenti in crisi di modelli a cui ispirare la propria vita.

Ho voluto condire con un po’ di ironia la grande amarezza che certe situazioni lasciano nel mio animo. Senza ironia voglio invece sommessamente plaudire alla mamma di Ciro Esposito, il giovane gravemente ferito l’altra sera, che ha avuto parole di perdono per il feritore di suo figlio. Come diceva spesso il Direttore de “La provincia” di tanti anni fa, Gianni De Simoni, a conclusione dei suoi articoli: “Coraggio, viviamo”.

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