Venti per cento, circa

Di : | Il : 03-05-2014

Dopo la canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II si sono sprecati i commenti entusiastici, anche da parte di molti (ex) mangiapreti, ormai folgorati sulla via di Damasco dal nuovo corso di papa Francesco. Certo, davanti a quella folla sterminata il cuore del cattolico si scalda e ci si sente parte di una realtà, la Chiesa, viva ed in piena espansione, capace di mietere consensi a destra e a manca. Quando poi si aggiungono i commenti di tanti sacerdoti sul  (presunto) aumento delle confessioni dovuto all’avvento di papa Francesco, sulle mirabolanti folle di giovani ad ogni manifestazione organizzata anche nella più sperduta landa della Terra, sembra davvero che ci siamo lasciati definitivamente alle spalle i tempi bui delle chiese vuote e dei confessionali pieni di ragnatele. Non per fare il disfattista, ma parlando con tanti preti “normali”, parroci di parrocchie “normali” il quadro che emerge non è così idilliaco. Esattamente come 25 anni fa, quando sono diventato prete, i ragazzi vengono tutti a catechismo e quasi nessuno a Messa, i genitori vengono in buon numero agli incontri proposti loro durante l’anno, ma, tolte quelle poche Domeniche, per il resto si sentono di liberi di andare da altre parti facendo altro, gli stessi anziani, se facessimo bene i conti, non si precipitano tutti a Messa appena sentono suonare le campane… Insomma, a me sembra di continuare a constatare che la percentuale di coloro che frequentano regolarmente la Messa domenicale si aggira sul 20% della popolazione italiana, in realtà quasi totalmente battezzata. E non c’è “effetto Francesco” che tenga, come non c’è stato alcun “effetto Giovanni Paolo II” ad incidere su questa percentuale. Se poi dovessimo inserire altri elementi che potrebbero qualificare ulteriormente il cattolico come “impegnato” (un impegno ecclesiale, una vita spirituale intensa, con confessione mensile e formazione personale attraverso la catechesi di giovani e adulti) i numeri si ridurrebbero ulteriormente fino a darci una percentuale vicina al 4-5%. Non è proprio un trionfo! E ci costringe a pensare, questa terribile realtà dei numeri, che non basta avere un ottimo comandante in capo per vincere. Occorre che dietro il comandante ci sia un esercito preparato ed efficiente in ogni suo componente, qualunque sia il grado rivestito.

Non lasciamoci, dunque, sviare troppo dalla folla che occupa tutta via della Conciliazione e, invece, rimbocchiamoci le maniche perché alle nostre Messe parrocchiali possa partecipare qualche persona che è rimasta colpita dalla nostra testimonianza, dalla nostra fede forte nelle avversità, dalla nostra vicinanza in un momento di bisogno, dal nostro annuncio gioioso sostenuto da una vita coerente. Il trionfalismo lasciamolo a chi vive di vuoto. E prendiamo una celebrazione bella per quello che è: una celebrazione bella! Utile “ad intra”, per rimotivare l’impegno di tanti già impegnati, ma non certo in grado di portare tanti “tiepidi” a scaldarsi. Ricordo in occasione della morte di Giovanni Paolo II diverse persone cosiddette “lontane”, partire per Roma per venerare la salma. Al ritorno sono rimaste “lontane”, hanno continuato a non partecipare ai Sacramenti, però avevano vissuto “un bel momento, molto emozionante”.

Ecco, appunto: le emozioni! Oggi si è forse un po’ troppo abituati a cercare le emozioni anziché i sentimenti, a inebriarsi ogni tanto di Gesù, anziché ad amarlo con costanza quotidiana. E allora sarà inevitabile cercare la “bella” Messa, sentirsi cristiani e buoni a Natale, piangere ai Matrimoni e commuoversi davanti al papa povero. Noi, misero venti per cento, proviamo a nutrire sentimenti veri e profondi, che si vedano tutti i giorni in tutti gli ambienti, per provare a non essere solo venti per cento. E il papa farà la sua parte. Non la nostra.

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